Lo schiaffo è il titolo di un libro dell’australiano di origine greca Christos Tsiolkas.
Il titolo – della traduzione italiana ovviamente perché non conosco il titolo originario in lingua – va al cuore della narrazione.
Lo schiaffo può essere un atto violento, soprattutto se ai danni di un bambino di 4 anni che però, forse e in altri tempi ( i nostri tempi), gli sarebbe stato ben dato – ovviamente non da un estraneo ma dai propri genitori – ma questo è un’altra questione.
Ma può anche essere, lo schiaffo, un atto “disvelatore” dell’animo umano, che scava nei sentimenti delle persone, che mette in luce ciò che si è (il frutto della nostra educazione, dell’amore e degli accudimenti ricevuti o meno dai nostri genitori, degli eventi e accadimenti della vita, etc) ..insomma che ci mostra per quello che realmente siamo: persone fragili ma anche forti, generose ma anche egoiste, desiderose di amore e attenzioni ma anche invidiose e vendicative,…
La struttura del romanzo, corposo (l’ho letto nella edizione economica Neri Pozza che lo ha proposto in 537 pagine) si snoda attraverso un racconto con un focus centrato su 9 personaggi cui Tsiolkas dedica un capitolo: Hector, Anouk, Aisha, Connie, Richi, Manolis, Harry, Rosie, Gary, un mixed di cultura e provenienza ma tutti facenti parte della comunità di Melbourne, legati tra loro da rapporti di amicizia, matrimonio, parentela, lavoro, .; rapporti tutti intensi, significativi che si intrecciano, si mescolano e parlano di amore, tradimenti, violenze coniugali, tensioni famigliari ma anche di desideri, speranze e amicizie, vecchie e nuove.
Non suscitano però simpatia i personaggi del romanzo tutti comunque autocentrati, fatta eccezione per i due giovani Connie e Rchi, anche loro comunque tormentati e con un futuro che li attende ma che faticano ad intravvedere.
Gli adulti, chi più chi meno, oscillano tra bassezze, rancorosità anche nelle relazioni intime e di amicizia, mettendo in luce una generazione (anzi due) che si è creata un castello di falsità e bassezze che un piccolo gesto – lo schiaffo – ha portato alla luce con una evidenza sconcertante.
Non c’è, per me, una morale. C’è una constatazione rassegnata dell’autore che forse consegna – ripeto forse – alla generazione più giovane il testimone.
Ne consiglio la lettura perché la struttura del romanzo e l’incedere della narrazione ti portano continuamente a oscillare tra opposti sentimenti: dall’empatia e dalla comprensione alla condanna e disapprovazione dei comportamenti dei singoli personaggi e delle dinamiche che scatenano, altalenanti e in una sconcertante successione che alla fine ti impediscono di “assolvere” anche quelli che inizialmente ti avevano conquistato.
Insomma una “ginnastica” emotiva…. più “aerobica” che ” stretching”
La recensione mi ha spinta a leggere il romanzo. Davvero bello! Tutti i personaggi sono ben delineati e approfonditi. Oltre ai personaggi, c’è anche la descrizione di un paese, l’Australia, che accoglie tutti, ma che non integra tutti, Dalle descrizioni dei paesaggi, dei quartieri, delle strade e delle case esce un paese un po’ squallido e triste, un paese poco invitante. e succede ogni volta che leggo qualcosa ambientato in Australia . E’ forse per questo che l’Australia non è mai sta nella lista dei miei sogni di viaggio?
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